Il 1° dicembre si celebra la Giornata Mondiale per la Lotta contro l’AIDS, un’occasione cruciale per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione, della consapevolezza e del supporto alle persone che vivono con il virus dell’HIV. Questa giornata, istituita nel 1988 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), non è solo un momento di riflessione ma anche un invito all’azione per combattere le nuove infezioni, ridurre lo stigma e migliorare l’accesso ai trattamenti.
Cos’è l’AIDS e come si trasmette?
L’AIDS (Sindrome da Immunodeficienza Acquisita) è lo stadio avanzato dell’infezione da HIV (Virus dell’Immunodeficienza Umana), un Retrovirus che utilizza l’enzima trascrittasi inversa per replicarsi, convertendo il proprio RNA in DNA. L’HIV colpisce principalmente i linfociti CD4, cellule essenziali per la risposta immunitaria, causando un progressivo indebolimento del sistema immunitario fino a renderlo incapace di difendersi contro infezioni e tumori.
L’infezione da HIV può rimanere asintomatica per anni e non presenta sintomi specifici, manifestandosi solo in presenza di infezioni opportunistiche. Il virus si trasmette esclusivamente attraverso liquidi biologici: sangue, sperma, secrezioni vaginali, liquido pre-eiaculatorio, e da madre a figlio durante gravidanza, parto e allattamento. L’infezione avviene quando il virus entra nel corpo di una persona non infetta attraverso ferite o lesioni della pelle, a partire da un liquido biologico di una persona infetta non in terapia antiretrovirale.
Ricordiamo che il virus NON si può trasmettere attraverso i normali contatti quotidiani con persone sieropositive quali ad esempio strette di mano, abbracci e baci (ad eccezione dei casi in cui la persona sieropositiva abbia lesioni e sanguinamenti delle mucose orali macroscopicamente visibili, quindi il contatto con il sangue è probabile).
La stigmatizzazione negli anni ’80
Quando si parla di AIDS, il pensiero corre inevitabilmente agli anni ’80, un periodo in cui il mondo venne scosso dalla notizia di una misteriosa e letale malattia che portava rapidamente alla morte. In quegli anni, la mancanza di conoscenze scientifiche chiare favorì il proliferare di teorie confuse sulle cause della malattia. L’ipotesi più diffusa e dannosa fu quella che l’AIDS colpisse esclusivamente la comunità omosessuale. Questa convinzione, profondamente errata, portò alla diffusione di termini discriminatori come “gay compromise syndrome”, “immunodeficienza gay-correlata (GRID)”, “cancro dei gay” e persino “peste dei gay”. Questo linguaggio, frutto di ignoranza, generò paura, stigma sociale e isolamento per le persone affette da HIV, spesso emarginate persino da familiari e medici. Il timore di contagio anche attraverso semplici contatti aggravò il rifiuto sociale, lasciando profonde ferite che solo anni di educazione, attivismo e ricerca hanno iniziato a sanare.
La situazione attuale: dati e progressi
Secondo i dati più recenti dell’UNAIDS, nel 2022 si sono registrate circa 1,3 milioni di nuove infezioni da HIV a livello globale, un calo significativo rispetto ai decenni passati grazie a campagne di sensibilizzazione e interventi preventivi. Tuttavia, oltre 39 milioni di persone convivono con l’HIV, di cui 1,7 milioni sono bambini. Nonostante i progressi, quasi il 25% delle persone affette non ha accesso ai farmaci antiretrovirali (ARV), fondamentali per controllare il virus e prevenire la trasmissione. In Africa Sub-Sahariana, che ospita circa due terzi dei malati di HIV, l’accesso ai trattamenti è particolarmente limitato a causa di infrastrutture sanitarie inadeguate, povertà, barriere culturali e normative discriminatorie. Nei paesi più sviluppati, l’introduzione della terapia antiretrovirale combinata ha trasformato l’HIV in una condizione cronica gestibile. Inoltre, il crescente utilizzo della profilassi pre-esposizione (PrEP) e la post-esposizione (PeP) hanno migliorato la prevenzione e il contagio tra le popolazioni ad alto rischio, riducendo ulteriormente il numero di nuove infezioni. Rimane invece ancora globale l’obiettivo di realizzare un vaccino contro l’HIV.
Combattere lo stigma sociale
La storia degli anni ’80 resta un monito per non ripetere gli errori del passato, evidenziando l’importanza di una corretta informazione e di una società inclusiva e solidale. In questi 40 anni sono stati fatti enormi progressi, sia a livello medico che sociale, ma il pregiudizio persiste ancora quando si parla di HIV e AIDS. Per questo è fondamentale, anche attraverso iniziative come la Giornata Mondiale contro l’AIDS, combattere lo stigma che circonda questa condizione in molte aree del mondo. Educare, informare e supportare restano azioni cruciali per garantire che nessuno si senta escluso o abbandonato. La lotta contro l’AIDS non riguarda solo la prevenzione medica, ma è anche una battaglia per i valori di solidarietà, uguaglianza e rispetto dei diritti umani.
U=U
Un messaggio fondamentale nella lotta allo stigma e alla discriminazione verso le persone con HIV è lo slogan “U=U: Undetectable = Untransmittable”, tradotto in italiano come “Non rilevabile = Non trasmissibile”. Questo principio, supportato da robuste evidenze scientifiche, dimostra che una persona con HIV in terapia antiretrovirale efficace, che mantiene una carica virale non rilevabile nel sangue per almeno sei mesi, non può trasmettere il virus attraverso i rapporti sessuali. Confermato da studi di rilievo internazionale come l’HPTN 052 e il PARTNER, questa scoperta non solo ha rivoluzionato la comprensione dell’HIV, ma ha anche restituito alle persone affette la possibilità di vivere con maggiore libertà e dignità. “U=U” è un simbolo di progresso medico e sociale, che illumina il cammino verso una società più informata, inclusiva e libera dai pregiudizi, ricordando che l’HIV non definisce una persona, ma è solo una parte della sua storia.
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