Insieme a Confindustria Dispositivi Medici e tutte le aziende di settore proseguiamo la nostra battaglia contro il Payback Sanitario
Dopo mesi di silenzio finalmente anche le emittenti televisive e radiofoniche stanno affrontando la controversa ed intricata tematica riguardante il Payback Sanitario sui dispositivi medici. Famosi programmi di giornalismo come Report e Le Iene, attraverso servizi e inchieste, hanno posto l’attenzione su tutte le criticità di questa legge e le conseguenze che dovranno affrontare le numerose aziende di settore e il Sistema Sanitario Nazionale.
Sostanzialmente quando parliamo di Payback Sanitario sui dispositivi medici facciamo riferimento alla Legge 111/2011 e il D.L. 95/2012 con il quale è stato introdotto un tetto alla spesa pubblica nazionale in dispositivi medici. Con il D.L. Aiuti bis del 2015 il Governo Renzi stabilì che, in caso di sforamento del tetto da parte di una regione, una quota (pari al 40% nel 2015, al 45% nel 2016 e al 50% a decorrere dal 2017) della spesa in eccesso deve essere rimborsata dalle imprese fornitrici. Tale Decreto venne convertito in Legge solo nel 2022, successivamente alle dimissioni di Draghi. Sostanzialmente oggi viene richiesto alle aziende, che si aggiudicano le vendite di dispositivi medici tramite gare d’appalto con base d’asta al ribasso e volumi predeterminati dagli stessi enti sanitari, di rimborsare parte dei debiti fatti dalle Regioni per gli acquisti sanitari.
Dopo sette anni la patata bollente lasciata dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha visto quindi la sua attuazione, facendo tremare la terra sotto i piedi di tutte le aziende di dispositivi medici. Dopo mesi di lotte e ricorsi, pochi giorni fa il Consiglio dei Ministri ha approvato una norma che prevede uno sconto di 1,1 miliardi di euro sui 2,2 inizialmente richiesti. Ma questa azione è davvero abbastanza per salvare le aziende e il SSN?
I rischi per le imprese e la Sanità Pubblica
Il Payback Sanitario dei dispositivi medici grava sulle teste di tutte le aziende di settore, grandi e piccole, che si vedranno costrette a restituire al Governo ingenti quantità di denaro. Lo scenario che si prospetta è desolante: dal fallimento di molte aziende e dal disinvestimento nel nostro Paese da parte delle aziende che operano su scala globale deriveranno migliaia di licenziamenti, tagli al sostegno della formazione di medici e operatori sanitari, tagli agli investimenti in ricerca, sviluppo e nascita di nuovi device. Gli effetti negativi avranno ripercussioni sull’intera sanità pubblica e conseguentemente sui cittadini che non riceveranno più le cure adeguate dal SSN. Aumenteranno così le prestazioni private e la disuguaglianza tra coloro che potranno permettersi i servizi a pagamento, e coloro che si dovranno accontentare di ciò che il SSN potrà offrire.
Le azioni di Confindustria Dispositivi Medici
Confindustria Dispositivi Medici rappresenta le imprese che forniscono alle strutture sanitarie italiane, pubbliche e private, di dispositivi medici. Si tratta di un tessuto imprenditoriale variegato e specializzato, dove le piccole aziende convivono con i grandi gruppi. Confindustria DM con altre associazioni di categoria, stanno lavorando alacremente per cancellare questa legge ingiusta. Recentemente Confindustria DM ha depositato un esposto alla Commissione Europea affinché valuti l’apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia in quanto il suddetto Payback viola le norme comunitarie in materia di concorrenza ed accesso al mercato.
La nostra posizione
Insieme alle numerose aziende di settore, anche Sapi Med si batte contro il Payback Sanitario. Siamo fortemente convinti che sia illegittimo, illogico, incostituzionale e dannoso per la nostra nazione. Come puó essere corretta una legge che chiede ad aziende che si aggiudicano tramite regolari gare d’appalto e che sono assolutamente estranee in merito ad eventuali sforamenti (pregressi e futuri) sulla spesa sanitaria, di restituire il 50% della spesa in eccesso sostenuta dalle Regioni?
Insieme a Confindustria Dispositivi Medici e ai nostri colleghi chiediamo a gran voce al Governo la cancellazione di questa legge al fine di preservare la tenuta del nostro Servizio Sanitario Nazionale e di un’industria che offre soluzioni per la salute dei cittadini e genera ogni anno 16,2 miliardi di euro tra export e mercato interno.