Non siamo soliti pubblicare sul nostro sito articoli di interesse politico, ma la situazione che si sta prospettando nel panorama sanitario ci porta a far sentire anche la nostra voce. Sicuramente si tratta di una notizia che interessa in prima persona un numero ristretto di lavoratori, ma che in realtà ha un impatto enorme sul nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e conseguentemente su tutta la popolazione. Per questo motivo abbiamo deciso di dedicare uno spazio a questo controverso e articolato argomento: il Payback Sanitario sui dispositivi medici. L’industria dei dispositivi medici in Italia rappresenta una fetta di mercato che genera 16,2 miliardi di euro tra export e mercato interno e conta 4.546 PMI specializzate (Piccole-Medie Imprese), le quali condividono il resto del mercato con le multinazionali. Si tratta di un settore che presenta una elevata differenziazione di mercato e di prodotto, tutti elementi fondamentali per lo sviluppo della sanità e dell’economia della nazione (dati Centro Studi Confindustria Dispositivi Medici relativi all’anno 2022).
Il quadro sintetico della normativa
Con la legge 111/2011 e il D.L. 95/2012 è stato introdotto un tetto alla spesa pubblica nazionale in dispositivi medici. Fissato originariamente al 5,2% del Fondo Sanitario Ordinario (FSO), il tetto in questione è stato successivamente oggetto di ripetute revisioni al ribasso che l’hanno portato dapprima al 4,9%, poi al 4,8% e infine al 4,4% a decorrere dal 2014. Con il D.L. Aiuti bis del 2015 (convertito in Legge 142/2022) venne stabilito che, in caso di sforamento del tetto da parte di una regione, una parte (pari al 40% nel 2015, al 45% nel 2016 e al 50% a decorrere dal 2017) della spesa in eccesso deve essere rimborsata dalle imprese fornitrici. Ogni azienda quindi dovrà (a seconda dell’incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa regionale) corrispondere una somma proporzionale alla quota dello sfondamento della spesa in eccesso.
Il parole semplici: ogni Regione acquista dispositivi medici per fornire l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini e a fine anno tira le somme delle spese sostenute. Nel caso in cui abbia speso più di quanto fissato dal tetto, torna dai fornitori e chiede di restituire la metà della spesa eccedente. In sostanza, alle aziende viene chiesto di rimediare alle previsioni sbagliate delle Regioni che spendono più soldi del consentito. Il tutto inoltre senza tener conto del fatto che i dispositivi medici vengono venduti tramite gare d’appalto con base d’asta al ribasso e volumi predeterminati dagli enti sanitari. Chi vince le gare è obbligato a fornire tutti i dispositivi richiesti, altrimenti rischierebbe la rescissione dei contratti in seguito all’interruzione di un pubblico servizio, reato punibile penalmente.
La norma sul Payback nel settore del biomedicale risulta analoga a quella in vigore dal 2008 per le case farmaceutiche, con la sola differenza che il settore dei dispositivi medici è popolato da migliaia di piccole e medie imprese, che verranno schiacciate da questo meccanismo controverso ed estremamente penalizzante, che sposta su di loro la responsabilità di previsioni regionali sbagliate.
Cosa ci viene chiesto oggi?
Dopo sette anni dall’introduzione di questa Legge (durante i quali il payback è rimasto inapplicato nel settore dei dispositivi medici per mancanza dei Decreti attuativi) tra l’agosto e l’ottobre 2022 sono stati pubblicati i provvedimenti mancanti ed è stato quantificato l’ammontare di quanto le imprese dovrebbero restituire alle regioni dal 2015 al 2018. 2 miliardi: questa è la cifra assurda a carico delle imprese di settore. Viene richiesto alle aziende produttrici inoltre di disporre i versamenti in favore delle singole Regioni e Province entro il 30 aprile 2023 – anziché il 15 gennaio come originariamente previsto.
Cosa chiediamo al Governo
Anche Sapi Med si trova coinvolta nel Payback Sanitario, per questo motivo, insieme a numerose altre aziende che operano sul mercato italiano e in collaborazione con Confindustria Dispositivi Medici, chiediamo al Governo di istituire un tavolo tecnico al fine di trovare una soluzione con la cancellazione di questa Legge ingiusta. Le aziende chiamate in causa sono assolutamente estranee in merito ad eventuali sforamenti, pregressi e futuri, sulla spesa sanitaria. Quest’ultima, infatti, riteniamo debba restare in capo alla gestione amministrativa delle Regioni e non può in alcun modo ricadere su imprese che hanno fornito beni e servizi dopo aver vinto regolari gare d’appalto.
Sapi Med è fortemente convinta che il meccanismo del Payback sia vessatorio nei confronti delle imprese produttrici e porterà a conseguenze disastrose per le migliaia di Piccole e Medie Imprese che distribuiscono a tutti gli ospedali d’Italia i dispositivi medici per il corretto svolgimento delle attività chirurgiche e supportano costantemente la formazione degli operatori sanitari attraverso corsi ed investimenti nella ricerca scientifica. Date le cifre richieste, molte imprese potrebbero entrare in crisi, ricorrere alla cassa integrazione, vedersi costrette a fare dei tagli nell’organico, diminuire la qualità dei propri prodotti e servizi o addirittura chiudere. Ovviamente gli effetti collaterali ricadranno anche su tutto il Sistema Sanitario Nazionale e gli operatori sanitari che subirebbero un duro contraccolpo.